Il digitale terrestre cambia con lo switch-off: ecco tutte le novità
Il giorno lungamente annunciato e più volte rimandato è arrivato: da oggi, 8 marzo 2022, parte la transizione verso quella che nella comunicazione ufficiale viene spesso definita “la nuova TV digitale“. Il passaggio sarà comunque in qualche misura “morbido”, poiché il Ministero dello sviluppo economico ha lasciato la facoltà alle emittenti di mantenere in piedi il “vecchio sistema” (nell’articolo spiegheremo quali sono le differenze), consentendo così di assicurare temporaneamente le trasmissioni anche a chi non dispone di dispositivi compatibili.
Nell’articolo andremo ad approfondire tutti i temi principali, dalle motivazioni che hanno portato a questo cambiamento alle tecnologie coinvolte, da come riconoscere i prodotti compatibili ai riferimenti all’alta qualità contenuti nella comunicazione ufficiale, senza dimenticare il ruolo del DVB-T2 e dell’alta definizione.
- PERCHÈ IL DIGITALE TERRESTRE CAMBIA
- COSA SUCCEDE DALL’8 MARZO
- ALCUNI CANALI RESTANO VISIBILI SUI PRODOTTI NON COMPATIBILI CON MPEG4
- COME CAPIRE SE IL PROPRIO TV O DECODER È COMPATIBILE E COSA ACQUISTARE NEL CASO NON LO SIA
- ARRIVA DAVVERO L’ALTA QUALITÀ?
- QUALCHE MIGLIORAMENTO È COMUNQUE PREVISTO
- COSA BISOGNA FARE PER RICEVERE TUTTI I CANALI
- E IL DVB-T2?
Prima di parlare dei cambiamenti in vista è opportuno capire le motivazioni che li rendono necessari. Alla base di tutto il riassetto delle trasmissioni televisive in Italia c’è la cessione della banda dei 700 MHz, progressivamente abbandonata per liberare frequenze da utilizzare per la connettività mobile 5G. Questo processo non riguarda solo l’Italia ma tutta l’Europa ed è per questo che la tabella di marcia, pur avendo già fatto alcune concessioni, deve rispettare intervalli di tempo prestabiliti e non ulteriormente derogabili.
Se le frequenze non venissero liberate nei tempi giusti, si rischierebbe di creare problematiche rilevanti nelle aree di confine. Liberare le frequenze ha però un costo per le emittenti e questo si traduce in una minor capacità di trasmissione: in poche parole si tratta di sfruttare una minore quantità di banda (e di conseguenza un bitrate inferiore a disposizione per i singoli canali) entro la quale far rientrare i canali televisivi. I cambiamenti servono proprio per sostituire tecnologie più vecchie con altre più efficienti, in modo da recuperare almeno in parte la perdita causata dal passaggio della banda dei 700 MHz al 5G.
Il nuovo switch-off ha lo scopo di attivare la codifica in MPEG4 su tutti i canali nazionali. Il termine utilizzato è in realtà una semplificazione scelta per comprensibili motivazioni legate alla comunicazione: il formato è stato adottato come standard sotto il nome di MPEG-4/AVC (Advanced Video Coding), H.264 o MPEG-4 Part 10. Non si tratta di una novità né in senso assoluto né in relazione al digitale terrestre. Viene infatti impiegato da anni per trasmettere i canali in alta definizione, quelli che solitamente (ma ci sono eccezioni) si trovano dal numero 501 in avanti.
La codifica in MPEG4 è più efficiente rispetto a MPEG2, il codec fino ad oggi largamente sfruttato dalle trasmissioni in digitale terrestre. Ciò significa che trasmettere un canale in MPEG4 anziché in MPEG2 permette di risparmiare banda e come abbiamo visto è essenziale farlo, dato che la disponibilità complessiva si riduce fortemente con il passaggio di alcune frequenze al 5G. Per questo motivo è prevista la dismissione di MPEG2 attraverso un processo progressivo: come riportato sul sito del Ministero per lo sviluppo economico, fino al 31 dicembre 2022 le emittenti televisive nazionali, i cui canali sono posizionati sul telecomando tra i numeri 1 e 9 nonché dal numero 20, potranno continuare a trasmettere simultaneamente con entrambe le codifiche.
Questa soluzione prende il nome di simulcast e permette la trasmissione di alcuni canali temporanei in MPEG2 che replicano la programmazione delle versioni in MPEG4. Da notare però che non è stato istituito alcun obbligo: il simulcast è a discrezione delle singole emittenti ed è solamente una soluzione momentanea per non perdere spettatori. Non c’è inoltre alcuna garanzia temporale: la data del 31 dicembre segna semplicemente il limite entro cui non si potrà più trasmettere in MPEG2 ma nessuno vieta agli operatori di spegnere le eventuali versioni in MPEG2 prima di tale giorno. Chi non dispone di TV o decoder compatibili non può quindi fare eccessivo affidamento sui canali temporanei (e vedremo in un altro capitolo che non tutti i canali in MPEG4 sono disponibili anche in MPEG2).
Per le emittenti locali c’è poi da fare un’ulteriore precisazione, che riportiamo dal sito del Mise:
Per le emittenti televisive locali il cambio di codifica continuerà ad avvenire invece per aree geografiche, in contemporanea con le tappe del processo di refarming, già avvenuto in Sardegna, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, ed attualmente in fase di conclusione in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna. Le altre regioni del Centro e del Sud Italia saranno, successivamente, interessate al passaggio di codifica sulla base del calendario di riorganizzazione delle frequenze stabilito dal Ministero.
Come abbiamo visto il passaggio di consegne da MPEG2 a MPEG4 non è istantaneo o almeno non completamente. Chi non dispone di un prodotto compatibile con MPEG4 non viene pertanto tagliato fuori completamente ma può continuare a ricevere alcuni canali.
Mediaset, ad esempio, ha deciso di trasmettere i canali principali in modalità provvisoria, con tanto di denominazione inserita chiaramente per consentire ai telespettatori di distinguerli immediatamente. Rete 4, Canale 5, Italia 1 e 20 sono visibili in MPEG2 ai numeri 104, 105, 106 e 120 oltre che su 504, 505, 506 e 520. Sui canali 4, 5, 6 e 20 del telecomando si trovano invece le versioni in alta definizione con codifica in MPEG4. Un discorso simile vale anche per la Rai che ha passato i primi due canali in HD ai numeri 1 e 2 mentre gli omologhi di Rai 1 e Rai 2 in MPEG2 si possono vedere al 501 e 502, che prima proponevano i programmi in alta definizione (in pratica si ribaltano i ruoli).
Il caso di Rai 3 è invece particolare per via dei telegiornali regionali, ancora fermi alla definizione standard. Sul numero 3 va pertanto in onda Rai 3 in SD ma nella versione in MPEG4 mentre per vedere in HD occorre sintonizzarsi sul 103. Al 503 infine è possibile trovare Rai 3 in SD nella versione in MPEG2.
Come riportato nel capitolo precedente, questa transizione morbida ha un duplice scopo: da una parte si vuole evitare una brusca perdita di parte degli spettatori, dall’altra si cerca di incentivare l’avvicendamento tecnologico mostrando anche ai più restii o meno informati che la situazione sta cambiando. Il posizionamento dei canali temporanei verso i numeri alti è del resto non solo frutto di una inevitabile modifica della numerazione: poter accedere ai canali principali premendo un solo tasto è decisamente diverso dal trovarsi a dover digitare tre numeri. La stessa Mediaset dichiara del resto apertamente lo scopo dei canali temporanei:
I canali provvisori Mediaset rimarranno disponibili per consentire a tutti di avere il tempo per dotarsi di decoder e televisori più moderni. Questi canali provvisori cesseranno però progressivamente le loro trasmissioni nei prossimi mesi.
In poche parole chi ha ancora un TV o decoder compatibile solo con MPEG2 non viene lasciato completamente fuori fin da subito, ma il messaggio di fondo è chiaro: chi vuole continuare a ricevere i canali sul digitale terrestre deve attrezzarsi quanto prima.
Capire se il proprio TV o decoder è compatibile con MPEG4 è piuttosto semplice. Lo si poteva verificare già da tempo sintonizzandosi sui canali in alta definizione: se l’apparecchio riceve uno tra i vari Rai 1 HD, Italia 1 HD, La7 HD eccetera, allora significa che il sintonizzatore è capace di decodificare il segnale in MPEG4 poiché tutto ciò che viene trasmesso in HD ha sempre utilizzato questa codifica. Per lo stesso motivo, a seguito del riassetto e di un’eventuale risintoniziazione delle frequenze sul proprio apparecchio, se sulle prime numerazioni del telecomando (1, 2, 3, 4, 5, 6 eccetera) non si trova alcun canale e sono presenti solo i canali provvisori, allora è necessario acquistare un nuovo prodotto.
Chi deve procedere all’acquisto non ha bisogno di controllare le specifiche tecniche: dal 22 dicembre 2018 è vietata la vendita di dispositivi sprovvisti di sintonizzatori DVB-T2 non compatibili con HEVC e il profilo Main 10, perfettamente conformi non solo a ricevere le trasmissioni in MPEG4 ma pronti anche per il passaggio successivo. Va del resto specificato che, seppure la platea di televisori ancora fermi a MPEG2 sia tutt’altro che trascurabile, il supporto a questa codifica è presente ormai da lungo tempo sui prodotti in commercio.
Ricordiamo che per chi non ne ha ancora usufruito sono disponibili il bonus TV e il bonus rottamazione TV, dei quali parliamo approfonditamente QUI. Il primo è indirizzato a nuclei famigliari con ISEE fino a 20.000 euro e consente di ricevere fino a 30 euro per l’acquisto di TV e decoder. Il secondo è invece disponibile per tutti e si concretizza in uno sconto del 20% sul prezzo d’acquisto di un nuovo TV fino a un importo massimo di 100 euro.
La comunicazione diretta ai cittadini ha puntato con forza su un aspetto che possiamo ritrovare anche nei comunicati presenti sul sito del Mise:
Dall’8 marzo tutti i canali televisivi delle emittenti nazionali saranno visibili in alta qualità e i cittadini dovranno risintonizzare la propria Tv o il decoder per continuare a guardare i programmi preferiti.
Il riferimento all’alta qualità va letto in realtà come il passaggio ad una codifica più efficiente ed evoluta quale MPEG4 in effetti è. Non si può però parlare di un incremento qualitativo poiché, come abbiamo visto, la sostituzione di MPEG2 serve a tamponare la perdita di capacità trasmissiva pur senza risolvere definitivamente. Non a caso in futuro è previsto un ulteriore passaggio al DVB-T2, che è effettivamente l’unica soluzione capace di massimizzare pienamente tutto il bitrate disponibile. In pratica MPEG4 serve per poter continuare ad assicurare le trasmissioni televisive anche dopo il passaggio della banda dei 700 MHz al 5G.
Fortunatamente esistono anche le proverbiali eccezioni che confermano la regola: un esempio è costituto dal Gruppo Discovery, che ha infatti deciso di sfruttare lo switch-off per passare i propri canali all’alta definizione. Nel momento in cui scriviamo mancano all’appello solo K2 e Frisbee, rimasti (per il momento?) ancora in definizione standard.
A seguire l’elenco con i canali in HD:
Rai
- Rai 1 al numero 1
- Rai 2 al numero 2
- Rai 3 in MPEG 4 al numero 3, mentre Rai 3 HD è visibile al 103
- Rai Sport+ HD al numero 58
Mediaset
- Rete 4 al numero 4
- Canale 5 al numero 5
- Italia 1 al numero 6
- 20 al numero 20
La7
- La7 al numero 7
Sky
- TV8 al numero 8
Gruppo Discovery
- NOVE al numero 9
- Real Time al numero 31
- DMAX al numero 52
- Giallo al numero 38
- MOTOR TREND al numero 59
- Food Network al numero 33
- HGTV – Home & Garden TV al numero 56
Tutti gli altri
- TV2000 al numero 28
- QVC al numero 32
- RTL 102.5 al numero 36
- Supertennis HD al numero 64
- Deejay TV al numero 67
- Radio Italia al numero 70
- Radio Kiss Kiss al numero 158
- RDS Social TV al numero 265
- Radio Z al numero 266
Normalmente tutti i televisori effettuano automaticamente l’aggiornamento della lista canali. Questo processo non è però sempre sufficiente per assicurare la corretta ricezione, soprattutto nei casi in cui vi siano riassetti importanti. Per questo motivo è consigliabile effettuare una risintoniziazione completa di tutte le frequenze, in modo da assicurarsi di ricevere correttamente tutti i canali.
Lo switch-off dell’8 marzo non coinvolge in alcun modo il DVB-T2. Cambia la codifica ma si rimane ancora con il DVB-T di prima generazione. Come molti utenti ben informati sapranno, un passaggio al DVB-T2 è già previsto e anzi, rispetto ai piani iniziali le tempistiche sono slittate. Ad oggi la data è fissata a partire dal 1° gennaio 2023. L’utilizzo delle parole non è casuale: si parla di “a partire”, chiaro segnale che, ancora una volta, non si tratterà di una rottura istantanea col precedente sistema ma di una transizione morbida.
Riteniamo inoltre che la possibilità di una ulteriore dilazione dei tempi sia tutt’altro che remota: se persino lo switch-off a MPEG4 ha richiesto una certa flessibilità, tanto da porre come limite il 31 dicembre 2022 per i canali provvisori, è difficile pensare che il DVB-T2 potrà arrivare a così stretto giro, anche per via del numero di TV attualmente non compatibili, una quantità ancora troppo grande per poter pensare ad una sostituzione in massa in meno di 10 mesi.